Gender Washing: l’illusione dell’uguaglianza di genere
Viviamo in un’epoca in cui la parità di genere è diventata una questione centrale, non solo nei dibattiti pubblici ma anche nelle politiche aziendali e istituzionali. Tuttavia, non è tutto oro ciò che luccica: dietro dichiarazioni altisonanti e campagne pubblicitarie apparentemente progressiste, si nasconde spesso una strategia di facciata nota come gender washing.
Il termine gender washing si ispira al concetto di greenwashing, utilizzato per descrivere le aziende che promuovono una falsa immagine di sostenibilità ambientale. Allo stesso modo, il gender washing rappresenta un’operazione di maquillage: iniziative che sembrano promuovere l’uguaglianza di genere, ma che in realtà non sono supportate da un impegno autentico o da cambiamenti strutturali. In altre parole, il gender washing è come una patina superficiale che serve a migliorare l’immagine di un’organizzazione senza affrontare realmente il problema delle disuguaglianze di genere.
Cos’è davvero il Gender Washing?
Il gender washing si manifesta in molti modi. Spesso lo vediamo nelle campagne pubblicitarie lanciati in occasione di giornate simboliche come l’8 marzo, o il 25 novembre, dove marchi e aziende riempiono le loro comunicazioni di messaggi inclusivi e slogan femministi. Ma cosa succede dietro le quinte? Troppo spesso queste stesse organizzazioni hanno una cultura aziendale che non sostiene davvero l’empowerment femminile.
Ad esempio, alcune aziende pubblicizzano programmi di leadership per le donne, ma offrono solo posizioni precarie o limitate, senza strumenti concreti per il successo a lungo termine. In altri casi, vengono promossi eventi o partnership con organizzazioni per i diritti delle donne, ma al contempo non si interviene sulle politiche interne discriminatorie. Questo contrasto tra apparenza e realtà è il cuore del gender washing.
Il Gender Washing nella Certificazione di Genere
Un ambito particolarmente delicato in cui si sta osservando il fenomeno del gender washing è quello della certificazione sulla parità di genere. Introdotta in Italia anche nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), questa certificazione mira a premiare le aziende che dimostrano impegno verso l’uguaglianza di genere. Tuttavia, non mancano le criticità.
Alcune aziende vedono la certificazione non come un mezzo per cambiare davvero, ma come un semplice strumento per ottenere incentivi economici o migliorare la propria immagine. Ciò porta a una corsa all’ottenimento del bollino, spesso senza un reale cambiamento nelle pratiche interne. Per esempio: si privilegiano misure superficiali, come la nomina di poche donne in ruoli dirigenziali, senza affrontare le disuguaglianze di fondo, viene posta molta enfasi sui numeri, come una percentuale minima di donne in azienda, trascurando questioni più complesse come il gender pay gap o la mancanza di politiche per la conciliazione vita-lavoro. Inoltre i dati utilizzati per ottenere la certificazione possono essere selezionati strategicamente, mettendo in evidenza solo ciò che è conveniente mostrare.
In assenza di un monitoraggio rigoroso e di criteri realmente stringenti, il rischio è che la certificazione perda di valore e diventi un’operazione di marketing più che uno strumento di cambiamento.
Perché il Gender Washing è Pericoloso?
Il gender washing non è solo ipocrita: è anche dannoso. Innanzitutto, mina la credibilità di chi si impegna autenticamente per la parità di genere. Le aziende e le organizzazioni che investono tempo e risorse in politiche serie rischiano di essere oscurate da chi si limita a operazioni di facciata.
In secondo luogo, genera disillusione. Quando le persone si rendono conto che molte iniziative sono solo apparenza, cresce il cinismo e diminuisce la fiducia nel cambiamento. Questo può rallentare il progresso culturale, dando l’impressione che l’uguaglianza sia già stata raggiunta o che non sia davvero importante.
Infine, distoglie l’attenzione dai problemi reali. Concentrarsi sull’apparenza impedisce di affrontare le radici delle disuguaglianze, come la segregazione occupazionale, gli stereotipi di genere e le difficoltà delle donne nel bilanciare carriera e vita privata.
Come Combattere il Gender Washing
Contrastare il gender washing richiede un impegno collettivo. Le aziende devono assumersi la responsabilità di agire con trasparenza e coerenza, ma anche i consumatori, i lavoratori e le istituzioni hanno un ruolo cruciale. È essenziale che le organizzazioni rendano pubblici dati chiari e verificabili sulla parità di genere, come il divario salariale, la composizione della forza lavoro e le politiche di inclusione. Allo stesso tempo, è fondamentale sostenere e dare visibilità alle aziende che dimostrano un impegno reale, non solo simbolico.
Gli standard per la certificazione di genere devono essere rigorosi e monitorati nel tempo, con verifiche periodiche per garantire che l’impegno continui. Infine, è necessario promuovere un cambiamento culturale che non si limiti a intervenire sulle politiche aziendali, ma che coinvolga l’educazione alla parità di genere e sfidi gli stereotipi radicati nella società.
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